Evoluzione lavorazione oro

La lavorazione dell’oro è un’attività artigianale che si è sviluppata progressivamente nel tempo.

Le caratteristiche che fin dal principio determinarono l’attenzione dell’uomo su questo particolare metallo furono in primis la resistenza all’ossidazione e la sua brillantezza, un colore che richiama la luce solare donando all’oro un forte valore simbolico.

L’approvvigionamento dell’oro avviene da due tipi di giacimento, uno primario in cui il deposito aurifero è successivo alla roccia che lo contiene e uno secondario, ovvero costituito da depositi alluvionali in cui le mineralizzazioni sono contemporanee ai sedimenti.

L’oro nativo si rinviene frequentemente legato all’argento e perciò, nel corso del tempo, vennero elaborate tecniche particolari con il fine di separarli.

Tuttavia l’oro è un metallo estremamente malleabile e di norma viene allegato con altri metalli, col fine di renderlo più duro e idoneo all’uso; le proporzioni delle leghe ottenute sono espresse in carati e, in epoca moderna, questi rappresentano il valore dell’oro.

Occorre considerare che nel caso si proceda con la fusione dell’oro, che per il metallo puro avviene a 1063°, l’aggiunta di altri metalli determina l’abbassamento del punto di fusione.

Dunque, inizialmente, raggiungere le temperature necessarie a sciogliere il metallo non fu semplice e si ricorreva a dei grossi forni non certo agevoli.

Oggi i forni fusori sono concepiti per raggiungere temperature elevate tramite la combinazione di due gas, acetilene e ossigeno, per cui gli artigiani dispongono delle bombole premiscelate.

La fiamma prodotta da questo particolare combustibile, che raggiunge temperature dell’ordine di 3000°, può anche essere avvicinata al metallo aureo per la fusione di alcune sue parti, ottenendo così la forma che si desidera.

Il metallo fuso può essere inoltre colato in appositi stampi, formando lingotti o monete. 

Spesso nell’artigianato la tecnica più utilizzata e quella denominata “a cera persa”, ovvero un sistema che prevede la colata del metallo in una matrice d’argilla che deve la sua forma interna ad un precedente modello in cera, sciolto con la cottura della matrice ceramica.

Le tecniche di lavorazione dell’oro sono molto antiche e già nel V millennio a.C., nel sepolcreto di Varna in Bulgaria, sono documentati alcuni dei più antichi esempi di manifattura orafa.

Tale antichità ha contribuito ad un notevole progresso tecnologico e nel III – II millennio vengono messe in pratica delle tecniche artigianali ancora oggi utilizzate.

Nello specifico, nel III millennio è stata osservata la produzione di fili ritorti a scopo ornamentale, mentre nel II millennio era in uso un metodo che consentiva di realizzare fili perlinati, una tecnica che perdurò anche in Grecia e a Roma.

Anche questi fili erano prodotti per deformazione meccanica, mediante piastre scanalate sulle quali il filo metallico veniva fatto rotolare (godronatura).

La filigrana è una tecnica orafa moderna, ma usata fin dall’antichità, che prevede la saldatura di sottili fili metallici in una determinata superficie, con il fine di costituire un motivo decorativo; a differenza della granulazione tale tecnica prevede anche l’utilizzo di fili ritorti.

Nella granulazione, invece, la decorazione è ottenuta saldando piccole sfere metalliche, che possono essere disposte in fila o campire intere superfici.

L’oreficeria punica fece grande uso di questa tecnica, che divenne quasi caratteristica, ma la maggior raffinatezza fu raggiunta in età Ellenistica, per poi divenire meno comune in età romana.

La granulazione è ancora oggi utilizzata ed è oggetto di falsificazioni moderne, visibili a livello microscopico sull’oggetto; è il caso della cosiddetta falsa granulazione, in cui i granuli d’oro appaiono del tutto immersi nel saldante.

Una maggiore evoluzione è ravvisabile negli strumenti utilizzati dagli artigiani.

La realizzazione di fogli metallici era eseguita deformando plasticamente il duttile metallo aurifero tramite martellatura, mentre oggi l’oro viene fatto passare attraverso due cilindri azionati inversamente da due motori.

Per tagliare fili o lamine, invece, in antico venivano usati strumenti affilati come lame e scalpelli, mentre tra gli utensili utilizzati oggi figurano forbici e tronchesi a doppia lama e il classico seghetto da orafo.

Il tiraggio dei fili mediante la trafila, visibile in qualche laboratorio artigianale moderno, risale all’epoca medievale e, a livello microscopico, è riconoscibile per caratteristiche striature; perciò, su gioielli antichi, queste sono un altro chiaro indizio di falsificazione.

Il bulino, infine, è uno strumento dell’orafo assente nei laboratori antichi, in cui si utilizzava un cesello profilatore; il bulino produce un truciolo intagliando la superficie, mentre il cesello determina un solco senza asportare metallo.

In sintesi, l’evoluzione delle tecniche di lavorazione dell’oro sono maggiormente ravvisabili nel controllo della fusione e delle temperature necessarie per ottenerla, mentre le tecniche di lavorazione si dimostrano molto conservative e, ad evolversi, è stato più che altro lo strumentario a servizio dell’artigiano orafo.